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188 | ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO |
cito alla mano lesse ivi le scene che il grand’uomo descrive con tanto effetto. Visitò con amore tutti i monumenti che Tacito ricorda, e che ancora rimangono ad attestare dell’antica grandezza: ricercò nei musei le statue e i busti dei contemporanei dello storico, e ne fece la conoscenza nei ritratti che l’artista ha maravigliosamente animati.
Con tutti questi preparativi si dispose a lottare col grande scrittore: poi venuto alle prove riuscì bene nella sua impresa e fece lavoro notevolissimo per la proprietà dello stile e per l’intelligenza del testo. Sebbene la lingua francese non giunga alla forza, alla bellezza e allo splendore dell’espressione latina e tacitesca, egli riuscì a ottenere tutto quello che era possibile con uno strumento più debole. Se non potè esprimere tutto, egli comprese e sentì tutto, e tentò ogni sforzo per far gustare ai Francesi il profondo pensiero, l’imaginazione poetica e il giro pittoresco di Tacito.
Noi abbiamo accennato alcuni dei molti lavori che in ogni tempo si fecero su Tacito, e abbiamo ricordato l’entusiasmo che ebbero per lui le più colte nazioni: e ciò facemmo perchè i giovani fossero maggiormente compresi di reverenza per il sommo storico, e perchè sull’esempio degli altri imparassero a cercarvi il nobile amore di libertà con cui nutrire il cuore, e la severità dei principii e l’indipendenza dell’animo di cui armarsi contro ogni tristo caso della fortuna. Per renderli viepiù reverenti e affezionati a quel severissimo genio finiremo col riferire i giudizi che non ha guari due valentissimi Italiani dettero dei pregi morali e letterari di lui.
Carlo Botta nel suo gudizio sui principali storici latini e italiani così si esprimeva. «Venendo ora a Tacito dico che il suo fare fu necessità dell’età in cui visse.