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174 | ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO |
tri sopraddetti signori erano minacciati della stessa scomunica. Ma la scoperta avea levato tanto rumore e acceso tanto desiderio negli animi che non vi era minaccia valevole a impedire la ristampa del libro. Alessandro Minuzziano prima di ogni altro affrontò la minacciata pena, o che non curasse la scomunica, o che la ignorasse, come egli dice. Trovato modo ad avere separatamente i fogli della stampa romana appena erano composti, ristampò subito i cinque libri nuovamente scoperti. Gli fu intimato tosto di recarsi a Roma per esser giudicato del fallo e patirne la pena. Ei non volle andare a niun patto, ma costretto a difendersi scrisse un’umile supplica ove dichiara che reputerebbe a sua gran fortuna se potesse recarsi a vedere anche per un momento solo Sua Santità, e dirle che stimava una felice colpa quella che gli dava occasione di inginocchiarsele innanzi. Egli protesta che non ha ristampato il Tacito per cupidità, ma per far comodo ai suoi scolari ai quali spiegava in quell’anno la famosa storia dei Cesari; e chiede umilmente perdono a una colpa che ha commessa per non sapere che fosse minacciato di pena sì grande. Anche il Beroaldo intercesse per lui, e il Papa con una lettera del 7 settembre 1516 gli dette perdono, lo liberò dalla scomunica e gli accordò di poter compire e vendere la sua edizione.
Dopo si moltiplicarono le edizioni a Basilea, a Firenze, a Venezia, a Norimberga, a Vittemberga, a Francoforte, a Lione, a Parigi, a Strasburgo, ad Anversa, a Londra e in tutte le principali città d’Europa. Da ogni parte uscirono fuori correzioni, traduzioni e commenti: vi si fecero sopra dissertazioni geografiche, storiche, filosofiche: fu illustrato con figure, con aforismi, con cronologie, con sommarii: si scelsero le sentenze, si fecero