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158 | ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO |
è la mestizia di ogni parola: mirabile l’arte di porre in breve davanti allo sguardo tutti i tratti più commoventi di questa scena ferale. Il mesto luogo è sozzo alla vista e al pensiero. Il vallo mezzo rovesciato, e la fossa mezza ricolma attestano ove si ricoverarono le già vinte legioni e fecero le ultime prove. La campagna è biancheggiante di ossa disperse, o ammontate: qui membra di cavalli, e dardi rotti, là teschi umani conficcati nei tronchi degli alebri. E ciò che non può dire il muto aspetto del luogo lo narrano i sopravvissuti a quella sanguinosa giornata. Presso agli altari che sorgono nelle selve all’intorno furono spenti centurioni e tribuni: qui caddero i legati, là il duce supremo ebbe la prima ferita, e disperando si uccise di propria mano. In mezzo ai patiboli, al sangue e alle ossa apparisce minaccioso Arminio che parlamenta e superbamente insulta alle imagini dei vinti. Finalmente si vede l’esercito che mosso a pietà de’ parenti e degli amici, e de’ casi di guerra e della sorte degli uomini rende gli estremi uffici alle ossa sparse per la funerea campagna senza distinguere se siano di romani o di barbari: una suprema necessità gli astringe ad esser pietosi anche ai nemici.
Se dalle nere foreste germaniche seguite lo storico nei lieti campi d’Italia, vedrete a un tocco del suo pennello comparire quadri solenni e tremendi. Le pianure dell’Eridano, le contrade di Roma, le magnifiche campagne latine, le vaghe rive del mare di Napoli e i giardini di Miseno e di Baia, che i poeti già celebrarono come stanza della gioia e del canto, vi appariranno pieni di squallore e di dolorose memorie. Tacito popola ogni luogo di lugubri imagini perchè dappertutto trova schiavi e tiranni e delitti. Arrestatevi nei campi che stanno presso a Cremona. La pianura ondeggia di folte schiere di cavalli e di