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145 | atto vannucci - discorso su tacito |
Il popolo è sempre l’ultimo a perdere il sentimento dell’onestà di cui a tutti la natura è insegnatrice: ma in mezzo a tanti esempi di perverso costume, doveva anch’esso corrompersi affatto. Nella lunga vicenda delle guerre civili era stato già guasto dalle male arti dei cittadini, ambiziosi, e avea perduta molta della naturale onestà. E allora divenne possibile la grande rivoluzione che trasformò la libertà in dispotismo. Perduti i buoni costumi, il popolo fu capace di patire la servitù, e divenir cosa comprabile dal maggiore offerente. Pure anche in questa miseria qualche volta si mostrò ricordevole della sua generosità primitiva e si fece sentire giudice severo dei malvagi e de’ suoi stessi oppressori. E Tacito non trascura di notare ogni grido di virtù che esce dal cuore del popolo, ogni simpatia pei buoni infelici, ogni sentimento di affetto verso quella libertà che gli è stata rapita. Lo vediamo volgersi con impeto di affetto a tutti quelli da cui ricevè o sperò beneficii. Ama Druso perchè lo crede fautore di libertà e lo piange quando lo sente estinto per intrighi di corte. Poi mette suoi favori e speranze nel figlio Germanico. Era giovane, bello, prode in battaglia, aveva ingegno civile, si porgeva affabile, generoso, cortese. Perciò lo amavano tutti, e perciò stesso lo odiava Tiberio, che gli precluse ogni via alla gloria di cui era invidioso, e lo fece avvelenare in Oriente. Alla nuova della sua malattia il popolo di Roma scoppiava in dolore, in ira, in lagnanze, e accusava senza nessun timore o riguardo le male arti del principe contro l’infelicissimo giovane, e ricordava pubblicamente gli altri della casa imperiale spenti per aver mostrato animo cittadinesco, e desiderio che il popolo fosse retto con giusta uguaglianza. Quando poi si seppe la nuova della morte, il dolore fu al colmo: si