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140 ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO

dei Cesari e l’impero romano cadono sotto la dominazione dell’arrogante e crudele Agrippina che alla fine uccide il marito e mette sul trono Nerone.

Questo nome anche dopo diciotto secoli suona spavento alla stessa imaginazione del volgo non dotto di storie, e raccoglie in sè tutto ciò che di più crudele e di più abietto può cadere in umano pensiero. Non vi è parola che possa qualificare pienamente questa belva che si pasce di voluttà e di sangue, che uccide la madre e due mogli, che brucia Roma per avere la gloria di rifabbricarla più regolare e più bella. In lui la più bestiale ferocia si accoppia alla cultura degli studii e delle arti gentili: è un cannibale che suona la cetra, che canta, e fa versi: è un essere mostruoso nel lusso, negli amori, nella frenesia della gloria, e nella smania delle cose impossibili. Dopo avere ambita la gloria di primo cantore, di primo cocchiere, di primo poeta, di primo oratore del suo secolo, egli non è contento perchè queste cose sono da uomo. Vuole essere adorato sulle are, essere Dio, e crede di aver conseguito l’intento, perchè tutti gli indirizzano preci: perchè i poeti cantano inni al suo nume, il popolo gli uccide vittime, il senato gli decreta onori divini come a colui che ha sorpassata ogni umana grandezza. L’adulazione e la servitù non furono mai più impudentemente codarde: e l’umanità non si disonorò mai tanto, come quando fu ai piedi di un mostro che faceva adorare sul trono e sull’ara la sua frenesia crudelissima.

Qual conforto può sostenere l’anima in mezzo a questa dolente storia di delitti, di sangue e di servitù? Dopo aver pianto sulla carnificina del genere umano, dopo aver sentito tutti gli orrori che opprimono il cuore alla vista della servitù e della tirannide gareggianti a distrug-