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119 ATTO VANNUCCI - DISCORSO SU TACITO

non contaminarsi in quelle brutture: ma forse queste sono invenzioni dei posteri vaghi di ornare di persecuzioni le vite degli uomini famosi. Forse andò a governo di qualche provincia: ma non apparisce che fosse in Germania e Britannia, ove alcuni lo conducono a visitare i luoghi che poscia descrisse.

Certissima in questo mezzo a lui e alla sua donna diletta fu la sciagura della morte di Agricola che, richiamato dalla pacificata Britannia, andò voce perisse (anno 93) per veleno del principe invido dell’altrui gloria, sospettoso e nemico d’ogni virtù. Al genero e alla figlia pervenne lungi da Roma la trista novella: perciò oltre all’acerbezza di aver perduto il caro parente sentirono più forte il dolore di non avere potuto consolarlo di cure amorose, abbracciarlo morente, saziare in lui i cupidi sguardi, e raccoglierne i detti estremi da serbare in cuore a conforto de’ miseri tempi. L’anno appresso tornarono a Roma, e Tacito rientrato in senato vide gli ultimi furori di Domiziano, il macello de’ consoli, gli esilii e le fughe di nobilissime donne: ed ebbe a dolersi di essere stato spettatore e quasi complice con sua presenza dell’innocente sangue sparso da quel tiranno efferato.

Ma dopo tanta tempesta di pubblici mali venne un momento di calma ai dolori che flagellavano il mondo. Spenta dal ferro vendicatore quella fiera belva di Domiziano, e successigli Nerva e poscia Traiano principi umani, parve che l’umanità respirasse. Tutti i cuori si aprirono a liete speranze, e salutarono l’era novella con acceso entusiasmo. Tornava la libertà del pensiero e della parola, e gli uomini onesti la usavano a sostegno della virtù, e a difesa dell’oltraggiata giustizia. Primi fra tutti furono Tacito e Plinio, i quali con diversa tempra