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Lo dicono nato sulla metà del secolo primo dell’era volgare a Terni nell’Umbria ove la tradizione narra essere già sorta la statua e il sepolcro di lui sulla via che conduce a Spoleto. Fosse o non fosse suo quel sepolcro, era creduto tale dagli abitanti del luogo e vi rimase finchè intolleranza di religione non lo distrusse e ne sparse al vento le ceneri. Non si sa nulla degli anni suoi primi che furono quelli dell’immane tirannia di Nerone, e delle guerre civili di Galba, di Ottone, di Vitellio e di Vespasiano. Quintiliano era allora pubblico insegnatore di eloquenza, e quindi fu creduto che Tacito gli fosse discepolo. Questo può esser probabile, ma niuno degli antichi lo disse, e si afferma solo per congettura. Chi erede che sia opera di Tacito il Dialogo degli oratori afferma con più fondamento che a maestri di eloquenza avesse Marco Apro e Giulio Secondo oratori celebrati di quell’età e ornamenti grandi del Foro. Perocchè l’autore del Dialogo dice che li ascoltava studiosamente non solo nei giudizi, ma li frequentava in casa e in pubblico con tale un’avidità e un ardore giovanile di apprendere che ne raccoglieva insino alla favole, e alle dispute e ai segreti colloquii.

In qualunque modo, Tacito studiò ed esercitò fin da giovane l’eloquenza con lode, e illustrò il suo nome colle virtù dell’ingegno. Alla scuola degli stoici che insegnavano soli beni essere le cose oneste, soli mali le brut-