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— Vanno quasi tutti; puoi fare come meglio ti sembra.
Alchieri ci era andato, ma non valeva quale norma, perché Sanneo lo aveva mandato in direzione per affari e cosí aveva salutato Maller occasionalmente. White tanto meno poteva servire d’esempio ad Alfonso perché le stanze dei direttori erano quasi stanze sue e ci passava metà della giornata.
Ballina non volle andarci. Non aveva dei dubbi lui:
— Gesú non si deride, i suoi vicari sí. Quando arrivò Sanneo andai a salutarlo perché sapevo che ci teneva e che non era tanto furbo da poter capire che io altro non facevo che un passo diplomatico. Il signor Maller deve pur avere qualche cosa in testa per poter essere il padrone di noi tutti ed io non mi permetto di scherzare con lui.
Alfonso rimase indeciso per tutto un giorno. Aveva dimenticato di chiedere consiglio a Macario che con una sola parola gli avrebbe tolto ogni dubbio. Tutto quello ch’era dubbio finiva col divenire importante per Alfonso. Andando temeva di seccare Maller e che glielo dimostrasse, e non andandoci, che la sua assenza venisse notata come una mancanza di riguardo.
Stava per uscire dalla banca rimandando la difficile risoluzione al giorno appresso, allorché questa gli venne resa piú facile da parecchi impiegati che attendevano in corridoio di poter entrare da Maller per salutarlo. Rapidamente deciso si uní a loro.
Il vecchio Marlucci, un toscano che parlava sempre del governo granducale rimpiangendolo, uscí dalla stanza del principale. Sessantenne e seduto da una ventina d’anni dietro a un libro maestro, era l’amico intrinseco di Jassy. Venivano e andavano insieme riuniti dalla medesima sventura, la debolezza alle gambe; ma mentre Jassy aveva anche il cervello vacillante, le mani deboli, nervose, il toscano aveva l’occhio nero tranquillo, la parola sempre limpida, precisa. Schierava giornalmente nel suo libro la data quantità di cifre nitide, ordinate e nel suo libro non c’erano altre correzioni all’infuori di quelle rese necessarie dagli errori delle altre sezioni.