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senza nubi fino all’orizzonte, il verde della campagna, quelle case gettate là a caso gli ricordavano un’oleografia in cui i colori erano stati eguagliati dalla macchina, l’idea del pittore diminuita nella riproduzione e scomparsa la vita, il movimento. 

S’addormentò come un bambino, sorridente e coi pugni chiusi. 

Sognò fantasticamente di Maria. La riconobbe a certo vestito dai colori vivaci. Gli diceva ch’ella già sapeva ch’egli all’appuntamento non aveva potuto venire per forza maggiore. Lo scusava e l’amava. 


VIII


Alchieri agitato e smanioso, un fascio di carte in mano, correva verso la cassa quando vide Alfonso che col cappello in mano entrava da Sanneo ad annunziargli che ritornava all’ufficio. Diede un grido di gioia, volle fermare Alfonso che passò oltre senza accorgersi di lui, poi, immediatamente tranquillato sedette accanto a Giacomo, d’ispezione sul corridoio e tutto intento a compitare a mezza voce un giornale. Non trovando altri, fu a lui che Alchieri raccontò che da quindici giorni era la prima volta che egli si sedeva per riposare e non per scrivere. 

Sanneo salutò Alfonso con cordialità e ritornando ad un enorme registro su cui gettava i suoi larghi caratteri gli chiese se stesse bene. Senz’attendere la risposta, a frasi interrotte dal lavoro che ad intervalli richiamava tutta la sua attenzione, gli parlò di alcune lettere che aveva lasciato in sospeso ma cui bisognava rispondere quanto prima possibile. Poi gliene consegnò alcune accompagnandole di spiegazioni che Alfonso non comprese che a mezzo. Sanneo si riferiva a cose avvenute prima della sua assenza, epoca che ad Alfonso sembrava lontana ben piú di quindici giorni. Lo congedò con una buona nuova: 

— Continuerà a farsi aiutare dal signor Alchieri che lavora benino... mi pare.