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esattezza da copista non aveva osato di aggiungere, e con un sorriso di approvazione gli disse:
— Ma benone! Mi faccia il favore di porla sul tavolo del signor Cellani.
Non era stato mai tanto cortese.
Alle nove della mattina del lunedí, Miceni venne chiamato dal signor Maller. In parte White, in parte Miceni stesso riferirono ad Alfonso la scena che ebbe luogo in direzione.
Miceni era entrato con un saluto fragoroso e un inchino diretto anche a Cellani ch’era presente. White che stava per uscire si fermò ad ascoltare.
— Il signor Sanneo si lagnò di lei, signor Miceni, — disse Maller molto serio; — perché si è rifiutato ieri di scrivere quella letterina?
— Ritenevo fossero cose che si potessero fare anche al lunedí, — rispose Miceni; all’ultimo momento s’era deciso di dare una forma dubitativa alla sua risposta.
— Ma se il signor Sanneo ordina che si devono fare alla domenica, — e Maller alzò la voce — son cose che si devono fare alla domenica.
La parziale ripetizione della frase di Miceni rendeva piú dura la sua risposta.
— Ad ogni modo — obbiettò Miceni con un tono che chiedeva alla bontà del suo avversario di accettare per buono il suo argomento — è mal fatto da parte del signor Sanneo di obbligarmi a lavorare in giorno festivo.
— Avevo dato ordine io di fare e di spedire ieri stesso quella lettera, — rispose severamente il signor Maller.
Miceni ebbe dei suoni inarticolati; non c’era piú nulla da rispondere.
A White fece compassione e uscí.
L’altra parte della scena fu riportata da Miceni che uscí dalla stanza di Maller lieto come se fosse stato sicuro del fatto suo.
Si faceva ammirare. Gli era stato dato torto per la questione in giudicato e un altro avrebbe abbandonato la partita per perduta, mentre lui aveva saputo spostarla. Aveva parlato di vecchie storie, in direzione già sapu-