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del solito la sua penna sulla carta. Terminata la lettera, gettò con violenza la penna sul tavolo e gridò:
— Vuole che faccia anch’io come ha fatto White!
Dopo di aver consegnata la lettera a Sanneo spiegò ad Alfonso che anche a lui era possibile di emanciparsi da Sanneo, perché a costui bastava la corrispondenza con Vienna e l’Italia, e poteva lasciare a lui esclusivamente la corrispondenza con la Germania!
— Il signor Maller sa quanto io valga!
Si capiva che Sanneo nei giorni susseguenti agiva con premeditata moderazione perché non rifiutò alcuna lettera di Miceni il quale del resto andava a chiedergli tutte le istruzioni a cui i pochi notabene di Sanneo lo costringevano.
Ballina gridava:
— È dunque cosí che bisogna trattarlo per farlo buono?
White si congratulava con Miceni e gli domandava che riconoscesse di non aver fatto altro che imitarlo debolmente.
— Il resto non si farà attendere di troppo! — rispose Miceni trionfante e indicò loro la meta a cui tendeva.
Ballina protestò in nome della giustizia:
— Adesso che la tratta bene sarebbe suo il torto se ancora volesse far baruffe.
Nel timore di perdere il suo impiego non aveva mai avuto il coraggio di reagire contro alcun superiore; fra gl’impiegati della corrispondenza era il peggio trattato e invidiava coloro che potevano dire le proprie ragioni. Anche White cercava di calmare Miceni: non gli era troppo simpatica la propria azione vista in altrui.
Ma Miceni non volle udire ragione. Nell’impazienza di fare la sua brava ribellione, non fu capace di attendere l’occasione propizia, pur sapendo che non poteva tardare di molto a presentarsi, perché Sanneo aveva periodicamente delle giornate di forte irritabilità nelle quali facilmente si lasciava andare a parole che anche in direzione sarebbero stati costretti a biasimare. Fu sua la colpa se Sanneo con tanta facilità ottenne la vittoria.
Una domenica, un impiegato della stessa corrisponden-