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— Ma non vale la pena di adirarsi per capricci di donne; mia cugina è una sciocca.
— Non mi pare! — rispose Alfonso con voce commossa.
Era chiaro che a Macario importava di diminuire in Alfonso la cattiva impressione prodotta in lui dal contegno di Annetta.
— Sa perché è stato trattato con tanta freddezza? Un impiegato di mio zio, non appena presentato, s’è messo a fare la corte ad Annetta. Pare che si sia anche vantato di venire corrisposto, cosí che mio zio lo riseppe e si divertí per qualche tempo a deridere la figliuola. Non era uno sciocco quell’impiegato, un moretto dai capelli corti e crespi. Annetta non ne volle piú sapere d’impiegati, perché ella procede sempre per massime generali.
Erano giunti alla riva. Dal mare agitato giungeva il rumore delle onde che si frangevano sulla diga. Nell’oscurità della notte senza luna, al di là dei bastimenti schierati alla riva, il mare sembrava un vuoto enorme, nero. Soltanto il raggio mobile del faro si rifletteva sull’acqua e ne svelava la superficie.
Macario trascinò seco Alfonso a destra, verso la stazione.
— Avrei preferito di non venir invitato. Del resto sia certo che non mi lagnerò con nessuno.
Gli era venuto il sospetto che Macario volesse questa promessa.
Macario si mise a ridere:
— Oh! in quanto a me, può raccontarlo a tutti. Crede davvero ch’io ami tanto i miei cari parenti? Non ha visto con quanto piacere feci adirare la cuginetta? Che vanerella, eh!
Poi evidentemente non pensava piú al contegno di Annetta con Alfonso. Parlava per proprio conto e alquanto agitato.
— Come poteva io lodarla dopo averla udita poco prima filare le note di quella canzone da Gavroche come se fossero state di una romanza di Tosti! Di qui a qualche tempo, potrò mentire perché allora non rammenterò piú quelle note e soltanto la magnifica figura agitata dalla stanchezza. Non trova che di solito la faccia di mia cugina