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Seccamente Maller osservò che non usava derogare dalle misure prese, e che se Alfonso si contentava egli ne sarebbe stato lieto, altrimenti... e completò la frase con un gesto che chiaramente significava che anche se Alfonso avesse abbandonato la banca egli se ne sarebbe consolato. 

— Ebbene! — gridò Alfonso — io lascerò l’impiego! — E si sentí forte al rammentarsi che il peggio che gli potesse accadere era di rimanere senza impiego. Continuò piú calmo, ma col desiderio di colpire e di offendere: — Naturalmente non posso rimanere in un impiego ove mi si perseguita senza cagione... almeno che appaia. 

Quest’ultima aggiunta gli diede sollievo; s’era sfogato. Rimase ancora per un istante indeciso non volendo abbandonare quel luogo prima di essere certo d’aver detto tutto, poi s’inchinò e s’avviò verso l’uscio. 

Maller all’ultima aggiunta aveva fatto un lieve movimento che ad Alfonso non era sfuggito. Poi sollevò la testa fuori del giornale: 

— Non prenda delle risoluzioni tanto gravi su due piedi, — disse con suono di voce dolce quasi di preghiera e che sorprese Alfonso perché stonava singolarmente col suono con cui gli erano state date le risposte fino allora. — Sia sicuro che, se potrò, la farò richiamare alla corrispondenza. 

Era evidente! Il grosso uomo era un po’ agitato. 

Per il momento addirittura abbacinato dall’insperata vittoria, ad Alfonso non bastò il risultato ottenuto. 

— E devo continuare a lavorare in contabilità? 

Troppo si risentiva ancora della noia sofferta quel giorno per non sollevare anche questa questione. 

— Darò ordine ch’ella venga aiutato nel suo lavoro, — disse Maller cedendo subito. 

Alfonso uscí senza ringraziare e salutando con un piccolo inchino. 

Questo colloquio lo lasciò in un’agitazione terribile. Uscí dalla stanza di Maller insoddisfatto. Ottenuta la vittoria, sentiva con evidenza che non era quella la desiderata perché non gli era riuscito di togliere la disistima in cui era caduto agli occhi dei capi della banca. Conser-