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di costruire frasi, periodi, perché era stato guastato da studî di cui il signor Maller pur doveva sapere qualche cosa. Tentò di sorridere perché quest’ultima osservazione doveva essere scherzosa.
Il volto di Maller aveva il colore della sua pelle punteggiata in rosso; quella doveva essere la sua pallidezza e il sorriso si agghiacciò sulle labbra ad Alfonso perché su quel volto non v’era alcuna traccia di buon umore. Comprese che ad allarmare Maller era bastata quell’allusione agli studî di cui il suo principale non avrebbe potuto sapere nulla se non fossero stati fatti insieme ad Annetta.
— Insomma ella vuole?
Maller s’era tranquillato all’aspetto spaventato di Alfonso e non appena tranquillo s’era affrettato ad aggredire.
La domanda irritò Alfonso; era forse già un rifiuto?
— Io non voglio, — disse con stizza. — Io desidero, io prego di venir rimandato alla corrispondenza. Ho bisogno di poter avanzare, — e candidamente parlò della sua difficile situazione finanziaria.
— Insomma anche alla contabilità si può avanzare, — dichiarò Maller. Appariva molto impaziente.
Nel suo forte proposito di difendersi con energia dando ad ogni botta una pronta risposta, Alfonso si trovava in una grande agitazione prodotta da quel suo sforzo di pensare intensamente per trovarsi sempre preparato. Cosí era piú che mai in balía della prima impressione. Di solito, quando gli toccava qualche cosa d’inaspettato rimaneva esitante, taceva, abbandonando anche i piani fatti precedentemente, ciò che di spesso finiva col pentimento di non essere stato piú risoluto. Questa volta il pentimento doveva essere di tutt’altra natura. Maller fu brusco e volle esserlo anche lui.
Ripeté che il trasferimento alla contabilità doveva venir considerato quale una punizione; gli impiegati chiamavano la contabilità la Siberia della banca.
— Non capisco perché mi venga fatto questo torto!
Se Maller perdendo la pazienza gli dava con franchezza lo schiarimento chiesto, allora la lotta era perduta, altrimenti e precisamente per questa via era vinta.