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ricadere dietro al giornale per stanchezza o per celare l’espressione del suo volto. Ad onta dell’avviso che Alfonso ne aveva dato a Cellani, Maller non doveva essersi preparato a quel colloquio. Si comportò indeciso, dapprima serio e freddo da superiore il quale crede che rispondendo faccia una grazia, poi inquieto e indeciso.
— Il signor Cellani mi avvisò che per ordine suo venivo trasferito dalla corrispondenza alla contabilità, — incominciò Alfonso balbettando, — vorrei pregarla di dirmi se questa è una punizione per qualche mio trascorso.
— No! — rispose Maller, — si aveva bisogno di un impiegato alla contabilità e si poteva farne a meno di uno in corrispondenza.
Ecco tutto! Per la prima volta piegò la testa dietro al giornale, ma certo perché credeva che il colloquio fosse terminato.
La freddezza di Maller calmò Alfonso. Lo trovava ben lungi dal passare a quel tono di franchezza che aveva temuto. La questione rimaneva rappresentata come se fosse stata puramente d’ufficio, e a mente fredda comprese che gli conveniva di contenersi in modo da non costringere Maller a licenziarlo; almeno se ciò era possibile dicendo tutto quello che aveva sul cuore. Si trovava in piena battaglia, e cosí immediatamente, conscio di esservi e tanto risoluto di battersi, non si era mai trovato.
Disse che aveva lavorato molto alla corrispondenza e che gli dispiaceva di perdere senza colpa il posto conquistato con tante fatiche. In corrispondenza sapeva di poter essere utile alla banca e di poter quindi sperare in un rapido avanzamento mentre in contabilità ridiveniva un praticante qualunque.
— Per il momento però — disse Maller che lo aveva guardato sorpreso di trovarlo tanto ardito, e con una certa curiosità, non comprendendo dove Alfonso volesse arrivare.
— Per sempre! — confermò Alfonso.
La frase risoluta gli diede la calma che l’occhiata di Maller per poco non gli aveva tolta; la sua voce non era piú incerta. Disse ch’egli non era uomo che potesse vivere in mezzo a sole cifre; il suo cervello aveva bisogno