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tà! Perché avrebbe avuto da offendersene? Dacché egli si compiaceva nelle sue nuove idee era la prima volta che s’imbattesse in qualcuno che le adottasse. Era ben vero che piú che adottarle per sé la signora Lanucci voleva imporle ad altri, ma, vedendo ch’ella aveva parlato senza artifizio come della cosa piú naturale di questo mondo, ammise ch’ella fosse convinta che trovandosi nei suoi panni avrebbe agito come gli consigliava.
Nel desiderio di porgere aiuto in qualche modo egli si profferse di andare in cerca di Gustavo e di riportarne immediatamente notizie. La Lanucci lo ringraziò ma già freddamente.
Giunto in via degli Artisti, una piccola via a quell’ora molto oscura, l’osteria gli sembrò chiusa; picchiò e fu lieto quando udí che dopo lunga esitazione si veniva ad aprire. Il locale era irregolare; per formarlo dovevano essere stati atterrati uno o due muri divisori di cui erano rimaste tracce sul pavimento, a metà di terrazzo.
Due uniche persone erano sedute in un canto ad un tavolo rotondo. L’una era Gustavo che Alfonso riconobbe ad onta che gli volgesse la schiena; poggiava la fronte su una mano in atto di profonda meditazione. L’altra era Gralli che salutò Alfonso.
Al vederli seduti tanto amichevolmente uno accanto all’altro coi bicchieri vuoti dinanzi, Alfonso pensò che dovevano essersi accordati e stese la mano a Gralli che la strinse ordinando subito all’oste di portare un altro bicchiere. Un’occhiata gettata su Gustavo, che ridendo gli diceva di bere quanto potesse perché tutto era pagato, gli rivelò che quel fanciullo mandato da casa con una missione tanto seria s’era lasciato ubbriacare.
— Siamo ottimi amici noi due! — gridò Gustavo e guardò Gralli affettuosamente. — Ero venuto con l’intenzione di bastonarlo, ma l’ho trovato cosí buono che sarebbe stato un delitto fargli del male. Prova, prova anche tu e vedrai. È un’ottima pasta d’uomo e Lucia sarà molto felice con lui.
Rise sgangheratamente.