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— Le signorine devono essere salite al secondo piano, andrò ad avvertirle. Si accomodi intanto.
Alfonso rimase in piedi sapendo quanto valesse l’invito di Santo. Era intimidito dalle ricchezze vedute e non sognava piú il contegno da persona spiritosa. Desiderava di esserne fuori, ed era poco piacevole il suo sentimento. In quella casa bisognava contenersi modestamente, da subalterno. Un occhio piú esercitato avrebbe scorso in quell’addobbo qualche cosa di eccessivo, ma era la prima volta che Alfonso vedeva di tali ricchezze e si lasciava abbagliare.
Il tinello piú che le stanze di Annetta portava le traccia d’essere abitato. Il pianino era aperto e sul leggío v’era della musica; delle carte di musica giacevano anche su una sedia accanto all’istrumento. I mobili erano varii, alcune sedie di paglia, altre foderate. Si sentiva perfino un lieve odore di cibo.
Un grande numero di fotografie era disposto in forma di ventaglio aperto sulla parete al di sopra del pianino; i quadri, quattro o cinque, erano appesi troppo in alto, e ciò per lasciar posto agli alti schienali dei mobili.
Non s’intendeva affatto di pittura Alfonso, ma aveva letto qualche volume di critica artistica e sapeva cosa significasse, nell’idea, scuola moderna. Rimase colpito dinanzi a un quadro che non rappresentava altro che una lunga via appena segnata attraverso un terreno sassoso. Non v’era alcuna figura; sassi, sassi e sassi. Il colore era freddo e la via sembrava perdersi all’orizzonte. Una mancanza di vita sconsolante.
Perduto nella contemplazione, piú meravigliato che ammirando, non sentí ch’era stata aperta la porta; poi, per imbarazzo, esitò alquanto a voltarsi quando s’accorse che qualcuno era entrato.
— Signor Nitti! — disse una voce dolce e dolcemente.
Rosso come se fosse stato fino allora con la testa ove aveva i piedi, Alfonso si voltò. Era la Signorina, come la chiamavano, l’amica di sua madre, non la signorina Maller; quella doveva essere piú giovine. La signorina Francesca avrebbe dovuto avere circa trent’anni, quantunque