Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/30

Non avevano udito il rumore del suo passo. Chiese bruscamente a Santo che cosa facesse in quel luogo. 

— Ho voluto far vedere al signor Nitti la biblioteca, — rispose Santo balbettando. 

Aveva perduto la sua disinvoltura da padrone; stava rigido in posizione di attenti, tenendo la candela molto bassa. Palesemente mentendo aggiunse: 

— Siamo entrati per di là — e accennò alla porta di mezzo. 

Alfonso si avanzò: 

— Venivo a disturbarla... — e s’interruppe credendo di avere già espresso tutto il suo pensiero. 

— Il signor Nitti! — e il signor Maller con gesto signorilmente cortese gli porse la mano, — benvenuto! — Parlava affabilmente ma con poca vivacità. — Mi dispiace di non poter rimanere con lei come avrei desiderato; ho da vedere qui qualche cosa e poi debbo andarmene. Troverà la mia figliuola e la signorina che ella già conosce di là in tinello; a rivederla; — e già a mezzo volto verso il tavolo gli strinse la mano. 

Santo rigido alla porta di mezzo chiese: 

— Ho da lasciare qui il lume? 

— No, accendi il gas! 

S’era sdraiato sull’ottomana piú vicina e aveva preso in mano un giornale. 

Alfonso si trovò sul corridoio per il quale era entrato: aiutato da Santo si levò il soprabito. Mentre lo introduceva nel tinello costui trovò il tempo di esclamare: 

— Che peccato di aver incontrato il signor Maller; valeva la pena di vedere la sua stanza da letto. Sarà per un’altra volta però, — e gli ammiccò in segno di protezione. 

Il tinello era illuminato da una lumiera a gas di tre fiamme. Non v’era nessuno. Santo entrò con passo cauto, si guardò d’intorno comicamente sorpreso, corse al tavolo, alzò un lembo del tappeto che lo copriva, guardò al di sotto: 

— Non c’è nessuno. 

Vedendo che Alfonso, seccato da quel modo di riceverlo non sapeva sorridere al suo scherzo, si avviò per uscire: