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narlo Annetta lo aveva denunziato al padre. Chissà con quali parole era stato descritto! Risoltasi ad abbandonarlo e a sposare Macario, Annetta doveva odiarlo intensamente, e a lei stessa egli poteva sembrare un seduttore, forse violentatore, perché niente è piú facile che di cancellare dalla mente una propria colpa quando non è stata né parlata né scritta. Egli sarebbe rimasto rappresentato quale il solo colpevole, e Maller e Cellani certo pensavano di lui ch’egli aveva preso Annetta a tradimento.
Come si sarebbe difeso se gli si fosse lasciata la parola? Semplicemente avrebbe esposto con sincerità i fatti, tutto quanto era succeduto dacché Annetta con tanta benevolenza lo aveva accolto in casa sua. L’aveva amata e non era stato riamato ma tollerato; ciò aveva contribuito a esasperare i suoi sensi. Avrebbe alterato la verità soltanto per non divenire l’accusatore di Annetta, non per far apparire minore la propria colpa, perché in verità era stata dessa a fargli perdere la testa con le sue civetterie e dessa anzi aveva battuto per la prima quella via che li aveva traviati.
Alchieri gli chiese se avesse salutato Sanneo. Se ne era infatti dimenticato. Andò alla stanza del capo correndo, paventando d’imbattersi improvvisamente in Maller o di nuovo in Cellani.
Aveva temuto per un istante di trovare anche da Sanneo il trattamento subito da Cellani. Fu ben presto disingannato perché Sanneo lo accolse con la cortesia esagerata che usava trattando d’oggetti estranei all’ufficio. Gli fece le condoglianze su un tono amichevole, trovò che il suo aspetto era tutt’altro che florido e aggiunse ch’era da sperarsi che in ufficio, nella quiete del lavoro, ben presto si sarebbe rimesso. Lo pensava sinceramente; non aveva detto queste parole per rendere piú attivo il suo impiegato. Poi appena passò a parlare del lavoro il suo tono divenne piú freddo. Lo aveva atteso con impazienza. Voleva che Alfonso assumesse il lavoro che gli era stato destinato nei giorni prima della sua partenza, dunque anche la liquidazione e di piú qualche poco di corrispondenza tedesca.
Alfonso accettò. Sapeva ch’era troppo, ma non gli dispiaceva. Col suo lavoro si sarebbe reso indispensabile alla