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desiderio di favorirlo, sul largo volto di Creglingi passò un sorriso ironico voluto. Alfonso ne fu ferito profondamente.
— Quand’anche volessi, — gridò, — il mio tutore non mel perdonerebbe se accettassi la tua offerta.
— Può essere! — disse Creglingi insolentemente, — ma prima di risolvermi ad aumentare la mia offerta voglio parlare con Faldelli.
Non si curava neppure di fingere che credeva alle parole di Alfonso.
— Senti, — disse Alfonso cui nella sua debolezza l’ira aveva spinto il sangue con grande veemenza alla testa, — se tu arrivi ad uscire di questa stanza, ti prevengo che considero rotta ogni trattativa fra noi.
Creglingi s’inalberò e disse che negli affari egli non aveva riguardi e non cedeva ad alcuna pressione:
— Gli affari non si concludono mica cosí su due piedi!
Faldelli, venuto solo, trovò Alfonso ancora nell’ira. Senza leggere il contratto che Faldelli aveva portato seco, Alfonso firmò immediatamente e quantunque tanta fretta non gli venisse domandata. Alcune clausole furono riempite piú tardi e trovando il suo contraente tanto pronto, Faldelli diminuí la sua offerta. I mobili, diceva, erano piú vecchi di quanto egli avesse creduto.
Quantunque avesse appreso che il contratto era stato già firmato, Creglingi venne da lui ancora una volta e con lo scopo aperto di fargli dispiacere. Due o tre volte gli disse che se gli si avesse dato il tempo necessario per riflettere egli avrebbe pagato molto di piú. Quest’asserzione lasciò Alfonso tranquillo e sorrise con disprezzo, ma Creglingi interpretò questo disprezzo in modo che Alfonso non avrebbe voluto.
— Già, — mormorò avvilito vedendo che la questione del denaro non toccava Alfonso, — a te la cosa che piú importava era di fare un dispetto a me.
Alfonso non si difese perché riconosceva che, in qualunque modo si fosse comportato, l’inimicizia di quell’individuo ci avrebbe trovato ragione ad aumentare. Si divisero bruscamente per non rivedersi mai piú.