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ché sulle pietre sentiva il suono di un piccolo piede e il fruscio di una veste. Proprio dinanzi alla sua porta risonò una dolce voce di donna: — Come sta Alfonso? — Per quanto dolce diveniva disaggradevole quella voce perché si ripeteva e risonava in tutti i vuoti della grande casa. Di chi era che gli sembrava notissima? La mise in relazione con tutte le voci di donna che conosceva e con nessuna s’accordava. — Ah! sí! Francesca! — e lo colse un profondo malessere e pensò: — Se s’è stabilita nel villaggio ruberà la quiete a tutti i suoi abitanti.
La porta s’era aperta e subito la stanza era stata invasa da un tumulto di suoni dei carri che passavano sulla via e dei gridii prolungati dei carrettieri. Con movimento istintivo egli aveva chiuso gli occhi per isolarsi. Era sua madre. Prima ch’ella giungesse al suo letto egli la vide e vide il suo sorriso soddisfatto al trovarlo tanto quieto. Ella si chinò su lui e lo baciò, ma giusto sulla cavità dell’orecchio. Egli sentí un acuto dolore come se dentro qualche cosa fosse scoppiato e si svegliò.
Fu abbagliato dalla luce ch’entrava dalla finestra. Già giorno? La sorpresa era maggiore perché si sentiva ancora stanco come se avesse dormito un’ora al piú.
Accanto al suo letto c’erano Mascotti e Frontini e parve che non si fossero accorti ch’egli aveva aperto gli occhi.
— Quanto può durare? — chiese Mascotti pensieroso e accarezzandosi il naso con l’indice.
— Chi lo può sapere? Anche quindici giorni. È probabilmente una tifoidea.
— Io tifo? — chiese Alfonso.
— Vede che capisce e che si sente meglio? — gridò Mascotti contento.
— Ha la febbre ma lieve, — disse Frontini rivolto ad Alfonso. — Deriva probabilmente dalla stanchezza e dal dispiacere. Le garantisco che non è cosa seria. Adesso mi pare che stia molto meglio.
Era dunque ammalato e si sorprendeva di non essersene accorto prima. Aveva la febbre che continuava con brividi alla schiena, tutto il corpo caldo e asciutto, una tendenza a ridere nelle mascelle. Non era disaggradevole