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ta la signora Carolina aperse gli occhi e guardò d’intorno supplichevole. Implorava grazia da qualcuno.
Giuseppina andava vantandosi del miracolo da lei fatto, ma durò poco. L’ammalata forse sentí l’avvicinarsi della morte perché, alzato il capo quasi avesse voluto salutare con cortesia, mormorò:
— Questo non ho mai provato! — Furono le sue ultime parole. L’affanno si mutò in rantolo. Alfonso credette che finalmente le fosse dato pace e che i polmoni riprendessero il loro lavoro regolare; le voleva trattenere una mano per appoggiarla e la trovò irrigidita.
Il dottor Frontini capitò per combinazione proprio allora. Constatò il decesso dopo un esame accurato come se si fosse ancora trattato di apportare rimedio.
— È finita! — lo avvertí Alfonso per risparmiargli la fatica.
Dovette dare il medesimo avvertimento a Mascotti ch’era accorso chiamato da Giuseppina e che non voleva credere alla morte. Mascotti voleva confortare e cominciava un discorso per provare ch’era meglio che la signora Carolina fosse morta. Ma Alfonso di conforti non aveva bisogno. Non faceva eccessi, non gridava, aveva la voce soda e tranquilla. Era meravigliato della rapidità con la quale era cessato un tanto male, quell’orribile affanno. La morta era adagiata nel letto che piú non la faceva soffrire, da cui piú non sdrucciolava. La bocca era spalancata ma non per gridare. Sembrava aperta per un lungo sbadiglio.
Vedendo Alfonso tanto calmo, Mascotti si trovò subito bene in quella casa ove era entrato col timore di dover assistere a delle scenate. Volle rimanere e invitò anche Frontini a far compagnia ad Alfonso. Giuseppina, senza esserne stata incaricata, portò il tavolo dalla stanza della morta nella sua, vi pose intorno delle sedie e approntò del vino.
Appena seduti, Mascotti propose ad Alfonso di andare a stare da lui.
Alfonso rifiutò dicendo che sarebbe rimasto in quella