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la mano di nuovo nella manica. Non era cortese, e quando Mascotti chiese ad Alfonso come stesse la madre egli si trasse in disparte e guardò attorno distratto.
La domanda cortese di Mascotti fece pensare ad Alfonso ch’era quella l’occasione di rimproverare a costui la sua poca cura per la signora Carolina.
Molto serio cominciò a raccontare della triste notte trascorsa e dello spavento avuto, e subito con l’accento di grande amarezza e d’ira parlò del modo tenuto da Giuseppina alla quale era stata affidata la vita della madre.
Certamente Mascotti doveva avere già compreso ch’era a lui che si voleva tenere la predica. Risoluto pronunziò le parole bonarie:
— Eh! un poco poltroni siamo tutti a questo mondo. Giuseppina se la sarà presa comoda vedendo che lei c’era là, perché non occorre mica essere in quattro accanto ad un ammalato!
Non era piú il modo con cui s’era difeso il giorno prima e Alfonso ne fu sorpreso. Lo vedeva risoluto e si capiva preparato, perché cosí presto aveva compreso e respinto l’attacco. Non negava piú che intorno alla signora Carolina ci fosse stata poca cura, ma trattava tutta la faccenda come cosa di piccola importanza. Era il curatore, ma si poteva provargli che perciò avrebbe dovuto occuparsi della salute della signora Carolina? Alfonso temette che se gli avesse detto qualche brutta parola, di quelle che aveva pensate durante la notte, nell’ira contro Giuseppina, Mascotti non gli rispondesse brutalmente. Tacque perciò.
Il notaio gli comunicò che Faldelli aveva messo da parte dei capitali e che aveva l’intenzione di comperare dei terreni. Pareva che questa comunicazione dovesse venir seguita da altre che potessero avere maggior importanza per Alfonso. Faldelli lo interruppe per salutarli. Disse a Mascotti stringendogli la mano:
— Non c’è mica fretta, sa, signor notaio!
Si avviò con passo frettoloso verso la sua osteria situata di faccia alla bottega del Creglingi nella piazzetta triangolare.