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aveva potuto fargli credere ch’ella lo amasse. Per le tante altre cose che Alfonso aveva avuto per il capo non s’era neppure avvisto degli sforzi che Lucia aveva fatto per offenderlo, e quella sera che dovette scorgere la sua freddezza pensò ch’ella aveva ragione. 

Erano le dieci sonate allorché Santo gli portò un’altra lettera di Annetta. Annetta gli comunicava che Francesca le aveva fatto dubitare della opportunità del viaggio di lui. Lo lasciava libero di fare quello ch’egli preferisse ed ella sempre ancora desiderava ch’egli rimanesse al sicuro da qualsiasi offesa. Non vedeva d’altronde piú la possibilità per lui di rimanere dopo di aver ricevuto alla banca il permesso di partire. Per il caso che partisse ella lo salutava addolorata di non aver potuto rivederlo prima. 

Egli prima di rispondere non ebbe esitazioni. Voleva partire e i dubbî che Francesca aveva destati in Annetta non gli sembravano meritare la sua attenzione. Se Annetta stessa continuava ad essere piuttosto del parere ch’egli dovesse partire! 

Scrisse la risposta con Santo in piedi accanto al tavolo e conservando, con sforzo, calmo il volto per non lasciar capire a costui che si trattava di tutt’altra cosa che della risposta ad un incarico ricevuto. Dovette coprire la sua lettera con altro foglio perché vide che Santo con tutta calma s’era levato in piedi e leggeva oltre la sua spalla. Vistosi scoperto, Santo non ebbe confusione di sorta e sedette sorridendo: 

— Non guardavo mica la lettera. 

Alfonso franco, senza rimorsi, aveva messo in testa alla lettera l’intestazione: «Amata sposa.» Poi: «Partirò!» esclamava col tono di chi si risolve a un sagrifizio. Partiva perché se anche per il premio che gli veniva riservato non trovava offensivo alcun eccesso del padre «che a ragione mi odia», — non sapeva quanta indifferenza oggettiva vi fosse in questa frase, — partiva perché non voleva che per questi eccessi soffrisse anche colei per cui voleva sopportarli. 

Gli parve di poter essere lieto di quel paio di frasi, ma rileggendo la lettera di Annetta dovette riconoscere ch’egli