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rata sua attività. — So io che questa estate lavorava dieci ore al giorno in ufficio e poi ancora dell’altro a casa, su certi problemi di matematica. Il suo debole organismo non resse alla fatica.
Alfonso pensò ch’egli conosceva meglio la causa di tale malattia. Doveva essere stata prodotta dal dolore per il rifiuto di Annetta. Comprese che se a Fumigi fosse toccata in sorte la sua fortuna ne avrebbe gioito ben maggiormente che lui e ancora una volta provò rimorso di non saper approfittare della sua fortuna.
Lo seccava ora grandemente di trovate una buona bugia per spiegare ai Lanucci la sua improvvisa partenza. Non volle dire che partiva per la malattia della madre perché gli sarebbero stati chiesti troppi particolari.
— Parto! — disse rivolto alla Lanucci che trovò seduta a tavola col vecchio. Lucia all’ora di pranzo era sempre a passeggio con Gralli.
— Quanto tempo rimarrà assente? — chiese il vecchio Lanucci alzando il naso dal piatto e molto spaventato.
— Quindici giorni! — gli disse presto Alfonso per tranquillarlo. Aveva compreso il motivo di tale spavento. — Parto per un affare... — Non s’era ancora risolto per uno o l’altro motivo di cui avrebbe potuto indicare parecchi, ma nessuno tanto verosimile da venir creduto senza esitazioni. Si rammentò in tempo che sua madre molto tempo prima gli aveva scritto che desiderava di vendere la loro casa.
— Vendiamo la nostra casa che per mamma è troppo grande e troppo lontana dal villaggio.
Il vecchio cessò ancora una volta di mangiare e drizzò gli occhiali, segno sicuro che voleva parlare di affari:
— E lei per questo parte! Lascia l’impiego per quindici giorni, e se basteranno!
Alfonso rispose che il signor Maller gli accordava volontieri quel tempo di permesso e ch’egli per quest’assenza nulla perdeva, ma il Lanucci non si diede cosí presto per vinto. Gli rimproverò di voler da solo accingersi ad un affare di tale importanza, pur essendo troppo giovine per saper contrattare.