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tore. Salutò anche Marlucci, ma solo perché lo trovò in stanza con Miceni. Il toscano si contenne freddamente avendo compreso la ragione per cui Alfonso s’era ricordato di lui.
Miceni si contenne meglio di tutti. Starringer aveva chiesto tutti i particolari e di quale malattia soffrisse la vecchia e da quanto tempo e come avesse potuto avvenire che fino allora egli nulla ne avesse saputo. Poi, dimostrando soltanto che non sapeva mettersi nei panni di un figliuolo che riceve l’annuncio del pericolo che corre la madre, disse:
— Beato lei che va a casa, — e un’ombra di tristezza passò sul suo largo volto. Ah! egli non pensava che a se stesso, al permesso che aveva avuto il mese innanzi e che gli toglieva il diritto di chiederne altri per ben due anni. Ballina, dopo di essersi condoluto sentitamente, ebbe un grande dubbio:
— I denari per il viaggio le vengono anticipati dal signor Maller?
Con grande serietà, Miceni, che, si capiva, conosceva meglio gli usi del mondo, gli augurò di trovare la madre in buona salute. Lo esonerò poi dal seccarsi col salutare tutti gli altri impiegati e gli promise di scusarlo con essi. A lui Alfonso raccontò della fredda accoglienza che gli aveva fatta Maller, e Miceni fu al caso di tranquillarlo raccontandogli quali fossero le cause del malumore del principale.
— È uomo che ha molti pensieri e giusto adesso è afflitto da una sventura di famiglia e da un accidente finanziario.
Si trattava della demenza di Fumigi e del prossimo inevitabile fallimento della sua casa. Gli raccontò che, per affetto al nipote, Maller aveva dovuto addossarsi la liquidazione della sua casa, e che soltanto dopo assunta s’era accorto ch’era passiva per speculazioni sbagliate fatte da Fumigi nei due ultimi mesi. Miceni diceva che il disastro era stato apportato precisamente dall’indebolimento delle qualità intellettuali di Fumigi. Quanto alla causa della malattia stessa, supponeva che fosse da ricercarsi nell’esage-