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larlo né degnava di provarvisi. Aveva gli occhi rossi dal pianto e guardava con ostinazione nel vuoto; si costringeva a riflessione intensa. Dal canto suo, Francesca non chiese nulla e non diede occasione a bugie. Alfonso imbarazzato volle andarsene. Francesca lo salutò con una stretta di mano e un inchino amichevole e anche rispettoso. «Onore al merito!» sembrava gli dicesse. 

Sul pianerottolo egli fu trattenuto da Annetta che con improvvisa risoluzione gli era corsa dietro. 

— Qui, qui, — ella gli disse duramente, — ho da parlarle. 

Certo il suono della sua voce non rivelava che ella con quelle parole lo invitava a una notte d’amore ed egli comprese che fino ad allora ella non ne aveva avuto l’intenzione. Nella perfetta oscurità, immobile nel mezzo della stanza, non avendo neppure il coraggio di sedersi per la tema di far rumore, egli venne assalito dai piú strani pensieri. Gli si preparava un bel divertimento, le scene di una ragazza pentita; si propose di sopportare tutto con rassegnazione. Sapeva di meritate tutti i rimproveri che Annetta avesse potuto fargli. 

Invece ella venne a lui e i suoi occhi non portavano piú alcuna traccia delle lagrime sparse. S’era fermata alla porta con l’indice sulle labbra ascoltando se sul corridoio nulla si movesse, sorridente come un fanciullo che per gioco si nasconda a qualcuno, ed era bastato di vederla cosí per togliere ad Alfonso ogni timore. Aveva già compreso; un’altra volta in lei i sensi l’avevano vinta. 

Fu per lui un’amante compiacente e appassionata. Gli chiese perdono delle parole brusche che poco prima aveva pronunziate. 

— Senza dubbio le pensavo, ma riconosco di aver pensato scioccamente. 

Senza che si potesse indovinare l’ordine delle sue idee, ella diede una definizione della sua vita. La vita era quella che le dava lui quando la baciava; il resto non valeva niente. Poi egli pensò che espressamente ella aveva voluto rinunziare a tutto il resto per il suo bacio. La baciò per dimostrarsi grato, ma pensava ch’ella lo disprezzava