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Di nuovo Prarchi esitò. Poi risoluto, commosso e con voce profonda disse:
— A lei posso dirlo. Vorrei ingannarmi, ma non lo credo. Si tratta di paralisi progressiva. La prego di non parlare di ciò con nessuno per ora.
Gli strinse la mano che Alfonso gli aveva porto prima di udire il terribile verdetto e se ne andò correndo.
XIII
La posizione finanziaria di casa Lanucci non voleva migliorare. Gli affari del vecchio avevano sempre il medesimo risultato e Gustavo era rimasto una seconda volta senza impiego. Aumentando la miseria, cresceva il malumore, e Alfonso, che aveva finito coll’essere piú frequentemente dai Maller che coi Lanucci, soffriva di piú della loro compagnia perché non abituato alla ruvidezza del bisogno.
Il giorno che Gustavo a faccia tosta venne ad avvisare che aveva abbandonato l’impiego perché il suo principale lo aveva insultato, ebbe luogo una scena brusca. Dapprima il vecchio aveva ammirato la fierezza del figliuolo e gli aveva anzi detto ch’era un vero Lanucci. Gli andò il sangue alla testa soltanto in seguito all’osservazione fatta tristamente dalla signora, che da questo fatto le finanze della famiglia venivano peggiorate. All’idea dell’aumento di miseria, il vecchio perdette la logica e la fierezza dei sentimenti. Gridò e imprecò sempre piú irritato dalle risposte petulanti di Gustavo il quale cercava di salvaguardare alla meglio la propria dignità. Nella sua santa ira, il vecchio disse ch’era finalmente stanco di sopportare lui le spese di tutta la famiglia. La signora lo pregò piú volte di non gridare tanto. Piú colta, ella comprendeva quanto dovesse spiacere ad Alfonso quella scena e se ne vergognava, ma non trovò migliore mezzo per farlo tacere che di gridare piú di lui. Di lí a poco, il sangue riscaldato, uscivano anche dalla sua bocca delle parole ingiurio-