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zero, e sul ginocchio destro una larga macchia d’inchiostro che Alfonso per cortesia non volle fissare. 

— Le annunzio che mi sposo con... con — e parve che non rammentasse il nome della sua amata. Alfonso si congratulò esitante. Non capiva; quell’uomo piú che di persona felice aveva l’aspetto di pazzo. 

Ragionava passabilmente però e soltanto la lingua non gli serviva come avrebbe dovuto. S’era messo a discorrere furiosamente e Alfonso provava difficoltà a seguirlo, perché la pronunzia di Fumigi era fosca e poco precisa. Quando costui si accorse di non venir compreso, adirandosi si mise a gridare per divenire piú esatto. 

— Capisco, capisco! — disse Alfonso spaventato. 

Fumigi gli raccontava dei suoi studî di meccanica. Aveva inventato un locomobile con il quale si risparmiava il settantacinque per cento di combustibile. Non era ancora sicuro del fatto suo perché gli mancava il mezzo per poter misurare con precisione il consumo di gas. Era una macchina a pressione d’aria. 

— Sono pur disgraziato di mancare... di quel mezzo... per misurare... In teoria sono sicuro... 

Alfonso, che di meccanica nulla sapeva, tanto per dimostrare che prendeva interesse a quanto gli veniva raccontato gli chiese: 

— Perché non si serve di un gazometro? 

L’altro lo guardò stupefatto: 

— Proverò, — masticò. — Lei va ancora dalla signorina Annetta? 

Pronunziava questo nome con tutta indifferenza. 

— Di rado. 

— Io non piú perché mi manca il tempo. Tanto... tanto da fare. 

All’orologio della piazza sonarono le nove. Fumigi contò i nove tocchi 

— Già le nove? Devo andarmene. 

Pose la destra mollemente in quella di Alfonso e ritiratala subito la lasciò cadere al fianco. La sua bocca non aveva dato alcun saluto subito di nuovo occupata a masticar e il suo pensiero era già tutto rivolto al luogo ove