Pagina:Svevo - Una vita, 1938.djvu/160

proibito l’accesso in quella casa; sarebbe stata una conseguenza logica di quanto ella gli aveva detto. Non poteva scusarsi; era stato ardito, s’era contenuto male. Sua unica difesa fu di impallidire e di fare come se per bene non avesse compreso quello che gli veniva rimproverato. 

Ma per Annetta il suo spavento fu la migliore scusa. Continuò a rimproverarlo ma affettuosamente, chiedendogli se piú non gli bastasse la sua amicizia e se non pensasse che coi suoi modi si esponeva al pericolo di perdere anche quella. 

— Sarò come ella vorrà ch’io sia! — disse Alfonso che si sentí sollevato vedendola lontana dal proibirgli l’accesso in casa sua. Era chiaro ch’ella non voleva che impedirgli di andare troppo oltre, intimidirlo. Ella stessa, presa da un capogiro, era andata fin dove a mente fredda non sarebbe giunta e rimpiangeva l’epoca in cui quel giovine forte e intelligente l’amava e l’ammirava timidamente. 

Annetta provava la compassione sempre con grande vivacità. Gli si era avvicinata e stringendogli la mano, gli chiese: 

— Vediamo, signor Alfonso, non si potrebbe vivere di nuovo da buoni amici, lieti, contenti, come altre volte? Che cosa le è accaduto da renderla eternamente muto e proprio sempre occupato di far sapere alla gente ch’è malcontento? 

— È che ho sempre delle parole qui, — e accennò alla gola, — e che mi viene impedito di dirle. — Sempre ancora chiamava parole quelle ch’egli aveva in gola! Era ridivenuto subito lieto quale Annetta da un mese non lo aveva veduto: da quella sera in cui per l’ultima volta avevano parlato insieme del loro amore. Il fatto si è che, colpito dalla rude lezione che Annetta gli aveva data, egli per il momento non era affatto travagliato da desiderî. Le baciò le mani ch’ella gli abbandonava e quest’abbandono non gli dava altro piacere che di sentirsi rassicurato del tutto, ma anche la noia di dover simulare un grande entusiasmo. Ella s’incalorí, perché l’agitazione della serata