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rarchico della banca, mentre a lui toglieva parte delle sue illusioni su quelle serate. Annetta volle sapere quali fossero queste illusioni. 

— Quando sono qui — rispose Alfonso — non voglio rammentarmi che di essere suo amico e letterato. Per ora non sono altro. 

Annetta lo ringraziò. 

— Ella dunque si diverte qui, se ne potrebbe essere sicuri? 

Passava a un tono piú leggero di molto e Alfonso non se ne accorse subito, tutto occupato a rendere Annetta sicura ch’egli in quella casa sempre si divertiva. 

Era stata una frase detta da Annetta in buona fede credendola molto cortese, ma bastò a procurare ad Alfonso parecchie ore di agitazione. Era cortese, ma tanto presto ella aveva dimenticato di aver visto piangere un uomo da non sapergli dire che quella frasuccia da conversazione? Egli non sapeva veramente perché quella frase gli sembrasse offensiva e per capirlo gli bisognò pensarci a lungo. Intanto provava un immenso malcontento di sé, quasi avesse rimorso per un’azione malvagia o ridicola. Egli aveva pianto ed ella s’era trovata in dovere di dirgli una parola gentile! C’era tale differenza fra l’importanza dei due fatti, ch’egli si vergognava di aver sparso quelle lagrime. Una donna che avesse provato un briciolo di affetto per lui avrebbe pianto con lui. 

Era una bella serata dall’aria fredda ma calma e un cielo fosco con poche stelle. Egli rimase a lungo sulla via sentendosi incapace di trovar quiete in una stanza. Per la seconda volta ebbe il desiderio di rompere la sua relazione con Annetta e sempre per lo sconforto che lo invadeva, quando nella grande amicizia da essa dimostratagli trapelava l’immensa sua freddezza e indifferenza. Erano sorprese dolorose che lo scotevano dal vivere inerte piú in un’abitudine che in un’idea o in uno scopo, e analizzava allora questo scopo, sorpreso di non esser vissuto piú conformemente ad esso oppure di vederlo sotto tutt’altra luce, di trovarsi altrettanto lontano dal raggiungerlo quanto prima gli era sembrato di esserci vicino. Era una passio-