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do comico quell’uomo che attendeva di venir fatto parlare.
Furono queste le prime idee che diedero ad Annetta l’intenzione di fare un romanzo insieme. Quel caratterino che le si rivelava con tale ingenuità le sembrò meritevole di venir descritto. Disse con semplicità quale fosse la prima idea venutale improvvisamente, ed era certamente migliore delle modificazioni posteriori.
— C’era una volta un giovinetto che venne da un villaggio in una città e il quale s’era fatto delle idee ben strane sui costumi della città. Trovandoli in fatti differenti da quanto aveva ideato si rammaricò. Poi ci metteremo un amore. Ella è stato talvolta innamorato?
— Io... — e unicamente per la paura gli batté piú forte il cuore.
Aveva avuto l’intenzione di fare una dichiarazione.
Annetta fece accendere da Santo il gas e Alfonso fu nello stesso tempo abbacinato dalla luce e messo in istato di misurare quanto falso fosse il passo ch’egli stava per fare. Annetta era sempre la stessa; dava seccamente degli ordini a Santo il quale, e c’era da meravigliarsene, li eseguiva muto.
Ella lo fece sedere al tavolo.
— Ci occorrerebbe penna e calamaio... ma preferisco affidarmi per le prime idee alla memoria. Metteremo poi il nero sul bianco. Come farebbe dunque lei a svolgere questo romanzo?
— Bisognerebbe riflettere a lungo.
— Ci vuole tanto? Racconteremo la sua vita, — e qui si trovava ancora perfettamente nella prima idea. — Naturalmente invece che impiegato la faremo ricco e nobile, anzi soltanto nobile. La ricchezza serbiamo per la chiusa del romanzo.
Con un solo balzo leggiero la prima idea era stata abbandonata del tutto.
— Bisognerebbe lasciar tempo all’immaginazione!
— Ah! sí! — disse Annetta con la sorpresa di uno scolaretto cui venisse ricordata una massima dimenticata. — Sa cosa faremo? Ognuno per suo conto, indipendente-