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— È difficile! — cominciò Alfonso — ma qualche cosa credo di poterne dire. 

Raccontò che prima di tutto era una malattia organica perché soffrivano i polmoni per la differenza dell’aria, lo stomaco per la differenza dei cibi, i piedi per la differenza del selciato. Quello che però rinunziava a descrivere era l’intensità del desiderio di rivedere i luoghi che si erano abbandonati, un muro nero, una via tortuosa col canale nel mezzo, infine una stanza incomoda mal riparata dalle intemperie; e non si poteva descrivere l’aborrimento per il palazzo in cui abitava, alludeva a quello della banca, la via grande, spaziosa, e persino il mare: 

— In quanto alle persone poi... è la stessa cosa. 

— E me odiava molto? 

— Odiarla no! ma avrei voluto essere molto lontano da lei, tanto lontano da essere a casa mia, e non soltanto per essere là, ma anche per non essere qui. 

Temette che quel passato che descriveva con sincerità non sembrasse abbastanza passato e aggiunse delle spiegazioni. Egli odiava tutte le persone che si credeva obbligato di trattare in un dato modo; gli piaceva la libertà, e anche quelli che non erano suoi pari voleva poter trattare come tali. 

Ah! era cosí bello parlare da pari a pari con Annetta. Sentiva la dolcezza di confidarsi a lei con libertà come se monologasse e questa dolcezza diede colore alla sua parola che, per quanto impacciata, fino ad allora era stata da letterato, ricercata e fredda. 

Annetta lo ascoltava sorpresa. Quel giovane sapeva dunque anche parlare oltre che studiare? 

Ella gli spiegò che quando si desiderava qualche cosa nella vita bisognava sapersela conquistare. Alfonso riconobbe l’idea dominante di Macario. 

— Non è difficile di conquistare la mia amicizia. È la prima volta che parla con me. Non se ne sarà accorto, ma è quasi sempre muto. Non era poi mio ufficio di farla parlare. 

Rise togliendo cosí alle sue parole tutto ciò che avrebbero potuto avere di offensivo. Anche Alfonso rise trovan-