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Prarchi interveniva meno spesso a quelle serate perché molto occupato. Fumigi mancava di rado, ma il piú assiduo era Spalati. Come l’aveva detto Macario, Spalati era anzitutto un bell’uomo, una figura erculea accanto alla quale Alfonso pur alto e non magro doveva scomparire. Ad Alfonso non era simpatico. Rimproverava a Spalati la pedanteria, ma l’odiava per gelosia. Ne aveva qualche ragione. Spalati era il piú innanzi nella confidenza di Annetta. Per circa un anno le aveva impartito delle lezioni di letteratura italiana e aveva saputo arrivare ad avere con essa la confidenza dell’insegnante, senza seccarla con troppa dottrina. La lasciava parlare, stava ad ascoltare, approvava o leggermente modificava, sempre contento di venir trattato da pari a pari.
Sentendosi sempre inferiore con la sua parola impacciata, Alfonso ebbe degli assalti violenti di gelosia, tempeste in un bicchier d’acqua. Al di fuori nulla trapelava per la forzata abituale sua riserva nell’espressione dei suoi sentimenti, la quale tanto maggiore diveniva quanto piú forti erano.
Una sera se ne andò via prima dicendo di essere indisposto. Voleva dimostrare il suo malumore e si adirò che nessuno lo comprendesse, che tutti credessero nella sua malattia.
Gironzò per le vie della città malcontento degli altri e di sé. Avendo l’abitudine quando era agitato di monologare, doveva accorgersi del ridicolo che c’era nella sua ira. Anche nel sogno piú astratto una parola precisa pronunziata richiama alla realtà. Egli era giunto a desiderare Annetta, amarla, esserne geloso; ella invece sapeva appena appena quale suono avesse la sua voce. Con chi doveva prendersela? Lo aveva offeso piú di tutto la stretta di mano di congedo ch’ella gli aveva dato freddamente e tenendo gli occhi rivolti a Spalati che continuava a parlare! Avrebbe forse voluto ch’ella si mettesse a meditare sulle cause dell’improvviso pretestato malessere? Un malessere infine non poteva dire nulla quando prima nulla era stato detto per spiegarlo. Poteva capitare a Spalati e an-