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no scorso quando aveva amicizia intrinseca con altre persone che valevano meno ma che vivevano meglio, la casa, bisogna confessarlo, era piú allegra.
Giunti sul pianerottolo, udirono il suono del pianoforte. Macario chiese a Santo chi sonasse.
— La signorina Annetta! — e rispondendo come al solito piú di quanto gli si chiedesse: — Da un’ora circa!
— Oh! ammirabile la pazienza di quei signori! — esclamò Macario rivolto ad Alfonso. Chiese a Santo chi ci fosse.
— Non c’è nessuno!
— È mercoledí quest’oggi? — chiese Macario perplesso.
— Sí, signore. La signorina fece però avvisare il professore Spalati, io lo so perché andai io stesso ad avvisarlo, che non venisse perché aveva una forte emicrania.
— Allora chieda alla signorina se è disposta a riceverci, perché forse l’emicrania c’è anche per noi.
Il suono del piano cessò e Annetta venne a riceverli alla porta del tinello.
— Senza riguardi, avanti! — gridò loro — l’emicrania è cessata.
Macario aveva preceduto Alfonso. Si fermò con risolutezza:
— A patto che tu non la procuri a noi. Devi prometterci di non suonare piú!
— Sai bene che per farmi udire da te bisogna proprio che tu me ne preghi!
Entrarono. Annetta non si occupò che di Alfonso e lasciò che Macario si accomodasse da solo.
Ad Alfonso pareva di essere perfettamente libero da imbarazzi perché la cordialità di Annetta doveva averglieli tolti. Infatti pensava a sangue freddo delle belle frasi come se fosse stato solo nella sua stanza, ma quando volle dirle perdette la calma e le smozzicò balbettando.
Mormorò che volontieri avrebbe udito Annetta a sonare e si era proposto di dire, fermandosi al frizzo fatto da Macario, che se egli avesse avuto l’emicrania, il suono del piano gliel’avrebbe fatta passate. Annetta ringraziò dopo di averlo aiutato a completare la frase ed egli dovette