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lanciò su lui furibonda. Non subito egli comprese, perchè ebbe anche il dubbio ch’essa, che l’aveva appena trovato, volesse accarezzarlo con grande furia. Egli avrebbe accettato riconoscente tutte le carezze di cui egli non sapeva nulla, e che perciò ammetteva potessero far male. Ma i colpi del duro becco, che piovvero su lui, certo non erano baci e gli tolsero ogni dubbio. Volle fuggire, ma il grosso uccello lo urtò e, ribaltatolo, gli saltò addosso immergendogli gli artigli nel ventre.

Con uno sforzo immane, Curra si rizzò e corse alla siepe. Nella sua pazza corsa ribaltò dei pulcini che stettero lì con le gambucce all’aria pigolando disperatamente. Perciò egli potè salvarsi perchè la sua nemica sostò per un istante presso i caduti. Arrivato alla siepe, Curra, con un balzo, ad onta di tanti rami e sterpi, portò il suo piccolo ed agile corpo all’aperto.

La madre, invece, fu arrestata da un intreccio fitto di fronde. E là essa rimase maestosa guardando come da una finestra l’intruso che, esausto, s’era fermato anche lui. Lo guardava coi terribili occhi rotondi, rossi d’ira. — Chi