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organismo intero era come un arco che nelle lunghe ore d’impazienza si fosse teso sempre più fino al limite della resistenza. Scattò: lasciò cadere sulla faccia del Gaia un manrovescio enorme di cui non avrebbe creduto capace la sua mano e il suo braccio, che da lunghi anni non avevano conosciuto alcun moto violento. Il colpo fu tale che dolsero anche a lui il pugno ed il braccio, e fu in procinto di perdere l’equilibrio.

Il cappello del Gaia era stato abbandonato alla bora che lo sollevò alto, alto. Ora un cappello, specie quando soffia la gelida bora, è un oggetto molto importante, e il Gaia perdette la poca capacità di reazione che poteva avere, per seguirlo con l’occhio, esitante se non dovesse rincorrerlo. Ciò gli conferì per un istante un’aria d’indifferenza che fece trasalire Mario. Forse egli aveva sbagliato. Forse il Westermann esisteva tuttavia. E allora che figura avrebbe fatto? Fu un attimo angoscioso e di speranza intensa. Aveva ancora la minaccia nell’occhio, e pur supponeva che forse un momento dopo si sarebbe dovuto gettare ai piedi del Gaia.

Ma intanto il cappello del Gaia, dopo essere