Pagina:Svevo - La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti, 1929.djvu/272


— 262 —

to vecchio, essa tuttavia non sapeva reprimere un cattivo sorriso quando lo vedeva. Con l’equanimità del letterato, Mario ricordò che anche lui era per altri un rimprovero vivente, perchè in città v’era qualcuno che si turbava al solo vederlo. Buono com’era, egli aveva tentato d’addolcire quei rapporti, ma non vi era riuscito, anche perchè tali imbarazzi non si levano, ma s’aggravano con le spiegazioni. Ed egli non aveva fatte mai delle burle, ma la vita sapeva inventarne anche di più atroci di quelle del Gaia, e bastava saperne per esser considerato dalle vittime un vero nemico.

La notte sarebbe stata orrenda, se non fossero intervenute ad alleviarla le favole. Capitarono innocenti, come se l’avventura col Westermann non le riguardasse, e trovarono subito e incontrastato l’accesso a quella stanza. Meritavano tale accoglienza. Esse erano purissime, non bruttate dalla burla. Nessuno aveva potuto spiarle. Erano più pure ancora perchè Mario stesso non le aveva mai considerate se non una sua appendice, una sua forma di sorriso e di respiro. Il Gaia non aveva previsto