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ga ferrovia istriana, egli si fermò per molte ore in un’osteria a bere in compagnia di alcuni amici. E come il vino doveva fargli dimenticare l’afa del vagoncino, così rievocò la burla per distrarsi dal ricordo dei noiosi affari. La raccontò, eppoi ebbe un’idea che lo incantò. Propose che uno dei presenti che conosceva i Samigli, andasse da Mario a proporgli da parte di un altro editore tedesco l’acquisto del libro ad un prezzo anche superiore a quello offerto dal Westermann, e con un contratto che impegnasse l’editore alla pubblicazione immediata del romanzo. Schiattava dal ridere pensando al rammarico di Mario di trovarsi già impegnato col Westermann.

I presenti trovarono malvagia la burla e rifiutarono di collaborarvi, e il Gaia vi rinunziò facendosi promettere da loro che non avrebbero detto nulla ai due fratelli di quanto era stato parlato quella sera.

Poi egli non ci pensò più, ciò che per lui era la cosa più facile. La prima burla l’aveva già divertito moltissimo e doveva derivargli da essa dell’altra gioia, se non altro quella di assistere al dolore di Mario, e forse, a quella che