vo, graduando i suoi consensi ed esprimendo le sue preferenze (una mia predilezione iniziale per Senilità è stata tanto accolta da scader presto in un inaccessibile poncif); ma quello che pochi hanno tenuto presente è la estrema spontaneità onde si presenta nella nostra letteratura — e in un solo uomo: lo Svevo — tutta la courbe che va dal romanzo naturalista ottocentesco fino all’integralismo dell’ultima narrativa europea degna di qualche onore. Per quanto io non ignori le ragioni che consigliano di ascrivere a un naturalismo sui generis i primi romanzi dello Svevo, e conosca altresì quanto sia provvisorio l’accostamento della commedia umana di Zeno ad altre recenti forme straniere di analismo, penso che qualche cosa di vero in questo schema rimarrà. Nè in esso solo, evidentemente, in questa più che trentennale parabola, è l’importanza dello scrittore, ma anche, e più, nella nuda e appassionata crudezza di tale esperienza, nei toni rigorosamente nostrani e indipendenti nei quali essa seppe e volle investirsi. Diciamolo chiaro ancora una volta, per comprometterci fino in fondo: Italo Svevo è stato il maggior romanziere che abbia dato la nostra letteratura dai tempi del Verga fino ad oggi. E non sarebbe forse gran merito se il significato e l’attualità