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gerezza con cui il Gaia aveva compromesso i suoi interessi, ed il secondo — molto meno forte — per la sfiducia che gli aveva dimostrata esigendo prontamente quella dichiarazione.
Poi il Gaia ebbe anche lui fretta, e corse via non vedendo l’ora di poter ridere liberamente. Mario sarebbe corso volentieri con lui per abbreviare la propria ansietà, ma il Gaia non volle. Prima doveva ripassare nel proprio ufficio, poi correre da un cliente dal quale forse avrebbe potuto sapere l’indirizzo del tedesco, e infine si sarebbe recato in un certo luogo ove sicuramente il casto Mario non avrebbe accettato di seguirlo, e dove sicuramente si trovava il tedesco, se era ancora a Trieste.
Prima di abbandonarlo, volle rasserenare Mario e provargli che il proprio errore non aveva una grande importanza. Ora che ci pensava — dichiarò — ricordava che il rappresentante di Westermann era nato bensì di famiglia tedesca, ma in Istria. Perciò sarebbe divenuto cittadino italiano per nascita, e non si poteva espellere.
Questo fu l’unico atto suo che provasse la