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natura! Equivaleva a distruggerla. Io credo anche che immaginare quell’orrenda sconoscenza dagli alati, fosse una grave offesa all’umanità, perchè se gli uccellini che non sanno parlare parlano così, come si esprimerebbero i beneficati dalla lingua lunga?

E intimamente tristi erano tutte le sue piccole mummie: durante la guerra diminuì sulle vie di Trieste il transito dei cavalli i quali poi erano nutriti di solo fieno. Mancavano perciò sulla via quei semi saporiti lasciati intatti dalla digestione. E Mario si figurava di domandare ai suoi piccoli amici: — Siete alla disperazione? — E gli uccellini rispondevano: — No, ma siamo in meno.

Voleva forse Mario abituarsi a considerare anche il proprio insuccesso nella vita come una conseguenza di circostanze che non dipendevano da lui, per sottomettersi senza dolore? La favola resta sorridente solo perchè chi legge ride. Ride di quella bestia d’uccellino che non ricorda la disperazione, vicino alla quale è vissuto certi giorni, perchè egli stesso non ne fu toccato. Ma dopo di aver riso si pensa allo