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appresi che la grotta finiva in un corridoio erto, che conduceva alla superficie della terra. Era un solo sibilo, ma un sibilo di consenso, e proveniva da Anna che mi manifestava ancora una volta il suo odio. Non aveva il coraggio di rivestirlo di parole, perchè io veramente l’aveva convinta ch’essa era stata più colpevole verso di me che io verso di lei. Ma la convinzione non fa nulla, quando si tratta di odio.

Ero condannato da tutti. Lontano da me, in qualche parte della grotta, nell’attesa, mia moglie e il dottore camminavano su e giù e intuii che mia moglie aveva un aspetto risentito. Agitava vivacemente le mani declamando i miei torti. Il vino, il cibo e i miei modi bruschi con lei e con la mia figliuola.

Io mi sentivo attratto verso la cassa dallo sguardo di Alberi, rivolto a me trionfalmente. M’avvicinavo ad essa lentamente con la sedia, a pochi millimetri alla volta, ma sapevo che quando fossi giunto ad un metro da essa (così era la legge) con un solo salto mi sarei trovato preso, e boccheggiante.

Ma c’era ancora una speranza di salvezza.