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visioni che m’ossessionavano. Ecco che ora mi era invece concesso d’invocare senza pericolo la bellezza, che certo m’avrebbe aiutato. Era il vantaggio — l’unico — della vecchiaia. E pensai, chiamandole per nome, varie belle donne desiderii della mia giovinezza, d’un’epoca nella quale le belle donne avevano abbondato in modo incredibile. Ma non vennero. Neppur allora si concedettero. Ed evocai, evocai, finchè dalla notte sorse una sola figura bella: Anna, proprio lei, com’era tanti anni prima, ma la faccia, la bella rosea faccia, atteggiata a dolore e rimprovero. Perchè voleva apportarmi non la pace ma il rimorso. Questo era chiaro. E giacchè era presente, discussi con lei. Io l’aveva abbandonata, ma essa subito aveva sposato un altro, ciò ch’era nient’altro che giusto. Ma poi aveva messo al mondo una fanciulla ch’era ormai quindicenne e che somigliava a lei nel colore mite, d’oro nella testa e azzurro negli occhi, ma aveva la faccia sconvolta dall’intervento del padre che le era stato scelto: le ondulazioni dolci dei capelli mutate in tanti ricci crespi, le guancie grandi, la bocca larga e le labbra eccessivamente tumide. Ma i colori