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tutti coloro che sedevano a quel tavolo gli sembravano degni di saperne qualche cosa. Colà appresi soltanto che le sue quattro figliuole avevano tutte i nomi dall’iniziale in a, una cosa praticissima, secondo lui, perchè le cose su cui era impressa quell’iniziale, potevano passare dall’una all’altra, senz’aver da subire dei mutamenti. Si chiamavano (seppi subito a mente quei nomi): Ada, Augusta, Alberta e Anna. A quel tavolo si disse anche che tutt’e quattro erano belle. Quell’iniziale mi colpì molto più di quanto meritasse. Sognai di quelle quattro fanciulle legate tanto bene insieme dal loro nome. Pareva fossero da consegnarsi in fascio. L’iniziale diceva anche qualche cosa d’altro. Io mi chiamo Zeno ed avevo perciò il sentimento che stessi per prendere moglie lontano dal mio paese.

Fu forse un caso che prima di presentarmi in casa Malfenti io mi fossi liberato da un legame abbastanza antico con una donna che forse avrebbe meritato un trattamento migliore. Ma un caso che dà da pensare. La decisione a tale distacco fu presa per ragione ben lieve. Alla poverina era parso un bel sistema di legarmi meglio a lei, quello di rendermi geloso. Il sospetto invece bastò per indurmi ad abbandonarla definitivamente. Essa non poteva sapere che io allora ero invaso dall’idea del matrimonio e che credevo di non poter contrarlo con lei, solo perchè con lei la novità non mi sarebbe sembrata abbastanza grande. Il sospetto ch’essa aveva fatto nascere in me ad arte era una dimostrazione della superiorità del matrimonio nel quale tali sospetti non devono sorgere. Quando quel sospetto di cui sentii presto l’inconsistenza dileguò, ricordai anche ch’essa spendeva troppo. Oggidì, dopo ventiquattr’anni di onesto matrimonio, non sono più di quel parere.