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Lucinico. L’ufficiale si mise ad urlare che, se facevo un solo passo di più, m’avrebbe fatto tirare adosso. Ridivenni subito molto cortese e da quel giorno a tutt’oggi che scrivo, rimasi sempre molto cortese. Era una barbarie d’essere costretto di trattare con un tomo simile, ma intanto si aveva il vantaggio ch’egli parlava correntemente il tedesco. Era un tale vantaggio che, ricordandolo, riusciva più facile di parlargli con dolcezza. Guai se bestia come era non avesse neppur compreso il tedesco. Sarei stato perduto.
Peccato che io non parlavo abbastanza correntemente quella lingua perchè altrimenti mi sarebbe stato facile di far ridere quell’arcigno signore. Gli raccontai che a Lucinico m’aspettava il mio caffelatte da cui ero diviso soltanto dal suo plotone.
Egli rise, in fede mia rise. Rise sempre bestemmiando e non ebbe la pazienza di lasciarmi finire. Dichiarò che il caffelatte di Lucinico sarebbe stato bevuto da altri e quando sentì che oltre al caffè c’era anche mia moglie che m’aspettava, urlò:
— Auch Ihre Frau wird von anderen gegessen werden. — (Anche vostra moglie sarà mangiata da altri).
Egli era oramai di miglior umore di me. Pare poi gli fosse spiaciuto di avermi dette delle parole che, sottolineate dal riso clamoroso dei cinque mammalucchi, potevano apparire offensive; si fece serio e mi spiegò che non dovevo sperare di rivedere per qualche giorno Lucinio ed anzi in amicizia mi consigliava di non domandarlo più perchè bastava quella domanda per compromettermi!
— Haben Sie verstanden? — (Avete capito?)
Io avevo capito, ma non era mica facile di adattarsi