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guerra e che trova ogni giorno quello che gli occorre per mangiare. In confronto a tutti mi sento tanto felice — specie dacchè ebbi notizie dai miei — che mi sembrerebbe di provocare l’ira degli dei se stessi anche perfettamente bene.
La guerra ed io ci siamo incontrati in un modo violento, ma che adesso mi pare un poco buffo.
Augusta ed io eravamo ritornati a Lucinico a passarvi le Pentecoste insieme ai figliuoli. Il 23 di Maggio io mi levai in buon’ora. Dovevo prendere il sale di Carlsbad e fare anche una passeggiata prima del caffè. Fu durante questa cura a Lucinico che m’accorsi che il cuore, qundo si è a digiuno, attende più attivamente ad altre riparazioni irraggiando su tutto l’organismo un grande benessere. La mia teoria doveva perfezionarsi quel giorno stesso in cui mi costrinse di soffrire la fame che mi fece tanto bene.
Augusta, per salutarmi, levò la testa tutta bianca dal guanciale e mi ricordò che avevo promesso a mia figlia di procurarle delle rose. Il nostro unico rosaio era appassito e bisognava perciò provvedere. Mia figlia s’è fatta una bella fanciulla e somiglia ad Ada. Da un momento all’altro, con essa avevo dimenticato il fare dell’educatore burbero ed ero passato a quello del cavaliere che rispetta la femminilità anche nella propria figliuola. Subito essa s’accorse del suo potere e con grande divertimento mio e d’Augusta ne abusò. Voleva delle rose e bisognava procurargliene.
Mi proposi di camminare per un due orette. Faceva un bel sole e visto che il mio proposito era di camminare sempre e di non arrestarmi finchè non ero ritornato a casa, non presi meco neppura la giubba e il cap-