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mangiare e gli dissi secco, secco, ch’io fino a quell’ora avevo discusse le origini del Cristianesimo.

Mi guardò dubbioso e perplesso:

— Anche tu, ora, pensi alla religione?

Era evidente che gli avrei dato una grande consolazione se avessi accettato di pensarci con lui. Invece io, che finchè mio padre era vivo mi sentivo combattivo (e poi non più) risposi con una di quelle solite frasi che si sentono tutti i giorni nei caffè situati presso le Università:

— Per me la religione non è altro che un fenomeno qualunque che bisogna studiare.

— Fenomeno? — fece lui sconcertato. Cercò una pronta risposta e aperse la bocca per darla. Poi esitò e guardò il secondo piatto, che giusto allora Maria gli offerse e ch’egli non toccò. Quindi per tapparsi meglio la bocca, vi ficcò un mozzicone di sigaro che accese e che lasciò subito spegnere. S’era così concessa una sosta per riflettere tranquillamente. Per un istante mi guardò risoluto:

— Tu non vorrai ridere della religione?

Io, da quel perfetto studente scioperato che sono sempre stato, con la bocca piena, risposi:

— Ma che ridere! Io studio!

Egli tacque e guardò lungamente il mozzicone di sigaro che aveva deposto su un piatto. Capisco ora perchè egli mi avesse detto ciò. Capisco ora tutto quello che passò per quella mente già torbida, e sono sorpreso di non averne capito nulla allora. Credo che allora nel mio animo mancasse l’affetto che fa intendere tante cose. Poi mi fu tanto facile! Egli evitava di affrontare il mio scetticismo: una lotta troppo difficile per lui in