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Come non intesi perchè il denaro a questo mondo potesse divenire più scarso, così non indovinai che il Nilini ponesse Guido fra i lottatori di cui si doveva provare il valore. Ero tanto abituato a difendermi dalle sue prediche con la disattenzione, che anche questa, che pur sentii, passò via senza neppur scalfirmi.
Ma pochi giorni appresso il Nilini intonò tutt’altra musica. Era avvenuto un fatto nuovo. Egli aveva scoperto che Guido aveva fatti degli affari con un altro agente di cambio. Il Nilini cominciò col protestare in un tono concitato che egli non aveva mai mancato in nulla verso Guido, neppure nella dovuta discrezione. Di questo egli voleva la mia testimonianza. Non aveva tenuto celati gli affari di Guido persino a me ch’egli continuava a ritenere quale il suo miglior amico? Ma oramai egli era svincolato da qualunque riserbo e poteva gridarmi nelle orecchie che Guido era in perdita fino alla punta dei capelli. Per gli affari ch’erano stati fatti col suo mezzo, egli assicurava che alla più lieve miglioria si sarebbe potuto resistere e aspettare tempi migliori. Era però enorme che alla prima avversità Guido gli avesse fatto torto.
Altro che Ada! La gelosia del Nilini era indomabile. Io volevo avere da lui delle notizie ed egli invece si esasperava sempre più e continuava a parlare del torto che gli era stato fatto. Perciò, contro ogni suo proposito, egli continuò a rimanere discreto.
Nel pomeriggio trovai Guido in ufficio. Era sdraiato sul nostro sofà in un curioso stato intermedio fra la disperazione e il sonno. Gli domandai:
— Tu sei ora in perdita fino agli occhi?