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a nulla. Se io fossi stato l’esecutore indifferente della sua volontà come lo ero stato fino a pochi giorni prima, con tutta semplicità avrei eseguite quelle registrazioni e non ci avrei pensato più. Invece sentii il dovere di dirgli tutto; mi pareva di stimolarlo al lavoro facendogli sapere che non era tanto facile di cancellare la perdita in cui si era incorsi.
Gli spiegai che a quanto ne sapevo io, Ada aveva dato quel denaro perchè fosse posto a suo credito nel suo conto e ciò non avveniva più se noi lo saldavamo ficcandoci dentro, dall’altra parte, metà della perdita del bilancio. Poi, che la parte della perdita ch’egli voleva trasportare nel conto proprio, vi apparteneva e vi avrebbe anzi appartenuta tutta, ma ciò non era il suo annullamento e invece la constatazione della stessa. Ci avevo pensato tanto che m’era facile di spiegargli tutto, e conclusi:
— Ammettendo che si capitasse — così non voglia Iddio! — nelle circostanze previste dall’Olivi, la perdita sarebbe tuttavia risultata evidente dai nostri libri, non appena fossero stati visti da un perito pratico.
Egli mi guardava attonito. Sapeva abbastanza di contabilità per intendermi e invece non ci arrivava perchè il desiderio gl’impediva di adattarsi all’evidenza. Poi aggiunsi, per fargli veder chiaramente tutto:
— Vedi che non c’era nessuno scopo che Ada facesse tale versamento?
Quando finalmente comprese, impallidì fortemente e si mise a rosicchiarsi nervosamente le unghie. Restò trasognato, ma volle vincersi e con quel suo comico fare di comandante, dispose che tuttavia quelle registrazioni fossero fatte, aggiungendo: